“Haiti, 5 anni dopo. Una situazione di emergenza che non è mai cessata, una storia che deve essere raccontata. Aiutatemi a farlo”
Riccardo Venturi, fotogiornalista dal 1989 e vincitore di numerosi premi tra cui il World Press Photo (1997, 2011). Il progetto intende riaprire quel sipario chiuso troppo in fretta e mantenere viva l’attenzione sulla vicenda della popolazione haitiana, sulle sue condizioni di vita e sui suoi bisogni, a 5 anni da quel 12 Gennaio 2010, data in cui Haiti è stata devastata da un terremoto catastrofico di magnitudo 7,0 Mw con epicentro localizzato a circa 25 chilometri della città di Port-au-Prince, capitale dello Stato caraibico di Haiti e che ha causato un numero impressionante di vittime, stimato al 24 febbraio pari a 222.517 e coinvolto più di 3 milioni di persone. A cinque anni dal sisma le condizioni dell’Isola sono ancora critiche: le stime ufficiali parlano di oltre 170mila sfollati, 600mila haitiani in condizioni di insicurezza alimentare e più di 50mila nuove infezioni di colera ogni anno.
La campagna di crowdfunding, ospitata dalla piattaforma internazionale KissKissBankBank , servirà a raccogliere i fondi necessari per la realizzazione di un nuovo reportage a Port-au-Prince e un libro fotografico, la cui stampa e distribuzione sarà a cura di Peliti Associati, l’importante casa editrice fondata nel 1986 da Mario Peliti e specializzata nella fotografia d’autore.
Con il progetto “Haiti Aftermath” Riccardo Venturi ha già ricevuto vari premi quali il World Press Photo 2011, primo premio “General news”; Luis Vultena Award, secondo premio; Sophot Award; premio foto dell’anno, menzione d’onore; premio Sony World Photography, finalista; premio Care International, finalista.
Riccardo Venturi racconta com’è nato il progetto HAITI AFTERMATH
Sono Riccardo Venturi, fotogiornalista dal 1988. Grazie al mio lavoro ho avuto la fortuna di essere testimone di eventi che hanno cambiato le vite di tanti di noi; ho documentato la rinascita democratica dell’Albania post comunista, il fenomeno dei movimenti naziskin in Germania, la guerra in Afghanistan, lo Tsunami in Sri Lanka e in Indonesia e non solo. Oggi chiedo il vostro supporto per poter realizzare un libro fotografico che merita di vedere la luce, per dare voce ad una popolazione che è stata tristemente dimenticata. Ma andiamo con ordine.
Lavoravo a Roma quando sono arrivate in Italia le prime notizie del terribile terremoto di Haiti, il 12 Gennaio 2010. Mentre leggevo i giornali mi sono ritrovato a pensare alla prima volta in cui avevo conosciuto la crudeltà della terra che trema. Era il 1989, era l’Irpinia (Campania) ed ero lì a documentare lo scandalo dei fondi e la mancata ricostruzione delle zone colpite a dieci anni di distanza dal terremoto. Per la prima volta avevo assistito al dramma di una terra devastata due volte, prima dal sisma e poi dal silenzio di una ricostruzione a metà, che zoppica, che lucra, che se ne frega mentre il mondo sta già guardando da un’altra parte. Ho deciso di partire e il progetto Haiti Aftermath è nato così, su due piedi e senza un assignment, ma dall’intima convinzione che fare il fotoreporter oggi, in un’epoca in cui tutto sembra già visibile e a portata di mano, significa offrire un servizio di mediazione culturale, traducendo atmosfere, sensazioni e urgenze in immagini.
Sono arrivato a Port-au-Prince quattro giorni dopo il terremoto ed ho trovato un paese capovolto e in preda al caos. La città era completamente al buio, senza corrente elettrica, senz’acqua, senza più neanche le strade e, sbriciolata com’era, offriva il fianco inerme alle decine di saccheggiatori e delinquenti che hanno razziato e bruciato il poco rimasto. I corpi dei vivi erano mescolati a quelli dei morti, ovunque centinaia di cartelli improvvisati chiedevano aiuto, medicine e generi di primo soccorso. L’emergenza sanitaria era palese e il colera ha iniziato ad imperversare senza che si potesse fare nulla per arginarlo. Io ero lì, al centro dell’Inferno, mentre il mondo intero piangeva le 250.000 vittime, faceva i conti con 3 milioni di persone coinvolte e aspettava di conoscere l’entità dei danni materiali.
Come sempre in occasione delle grandi tragedie che scuotono le coscienze, la macchina della solidarietà si è messa subito in moto, sono nate associazioni e gruppi di raccolta fondi, si sono fatti dibattiti e imbastiti talk show, si sono mandate in onda immagini sempre più crude. Per un po’ si è parlato di Haiti ovunque e poi gli organi d’informazione se ne sono dimenticati, calando il sipario mediatico su una situazione che era ancora drammatica e che non accennava a migliorare.
Dopo quel terribile Gennaio sono tornato ad Haiti in diverse occasioni perché non mi bastava raccontare soltanto il momento tragico del terremoto, volevo capire come questo evento avesse afflitto la vita quotidiana delle persone. A cinque anni dal sisma sarebbero oltre 170mila gli sfollati, 600mila gli haitiani che vivono in condizioni di insicurezza alimentare, mentre si registrano più di 50mila nuove infezioni di colera ogni anno. Il progetto “Haiti Aftermath” nasce dalla volontà di andare oltre le stime ufficiali per documentare, monitorare e descrivere lo stato delle cose a cinque anni di distanza dalla catastrofe. Per riaprire quel sipario chiuso troppo in fretta e mantenere viva l’attenzione sulla vicenda della popolazione haitiana, sulle sue condizioni di vita e sui suoi bisogni.
Dai miei progetti sono già nati diversi libri in passato: “Sette minuti” (2000), “Afghanistan Il Nodo del Tempo” (2004), “NO, Contro gli incidenti sul lavoro” (2008) e “De Istambul a El Cairo”(2009). Questa volta però vorrei provarci in maniera diversa, coinvolgendo il maggior numero di persone possibili, in modo che questo libro possa acquisire forza e diventare un progetto corale, espressione di una volontà comune.
Chi è Riccardo Venturi?
Riccardo Venturi (Roma, 1966) intraprende la carriera di fotogiornalista alla fine degli anni Ottanta, documentando le problematiche sociali italiane ed europee come l’immigrazione clandestina, il sorgere dei movimenti neonazisti in Germania o i primi anni della democrazia in Albania. In particolare la sua inchiesta-dossier sullo scandalo dei fondi per la ricostruzione delle zone colpite dal terremoto in Irpinia gli procura le prime importanti pubblicazioni sui quotidiani e settimanali italiani. Dalla metà degli anni ’90 si concentra sui conflitti in atto in vari Paesi, innanzitutto l’Afghanistan, reportage con il quale nel 1997 ha conseguito il prestigioso premio “World Press Photo”, e poi la cronaca della guerra del Kosovo, lavoro che ottiene nel 1999 la Leica Honorable Mention. Da allora fino ad oggi ha continuato a seguire e a viaggiare attraverso innumerevoli paesi in guerra, soprattutto in Africa. Nel corso degli ultimi anni Riccardo Venturi segue e documenta la rivolta di Gezi Park a Istanbul. Venturi ha documentato alcuni fra i più importanti eventi internazionali, come il terremoto in Iran nel 2003 e lo tsunami in Sri Lanka nel 2004, alternandoli con ricerche più personali come quella sulle morti bianche in Italia, realizzando nel 2008 un libro e una mostra in collaborazione con ANMIL, e il progetto riguardante la diffusione della tubercolosi nel mondo, realizzato in collaborazione con l’Organizzazione mondiale della Sanità che gli ha permesso di conseguire il Premio UCSI per la fotografia nel 2007 e il Premio Marco Lucchetta nel 2008. Ha lavorato con le più importanti agenzie umanitarie mondiali, dall’UNICEF all’UNHCR, dal WHO a MSF e SAVE THE CHILDREN con cui, recentemente ha realizzato un importante lavoro sullo stato dell’infanzia dei bambini italiani. Ha collaborato con le principali testate Italiane e internazionali e ha pubblicato quattro libri, tra cui “Afghanistan il nodo del tempo”, il racconto di sette anni di reportage sul paese (Contrasto Editore, 2004) e “Da Istambul a El Cairo” (Almuzara Editore , 2010), un libro sull’identità medio-orientale sponsorizzato da Fundación Tres Culturas e realizzato in collaborazione con il giornalista Eduardo del Campo. Di prossima pubblicazione, invece, il libro DPR448, edito da Peliti Associati e commissionato dal Ministero di Giustizia Italiano, che documenta la situazione dei minori in carcere da Palermo a Torino. Nel Gennaio 2010, a 4 giorni dal disastroso terremoto di Haiti, Riccardo Venturi decide di partire per documentare la catastrofe che ha colpito l’isola caraibica, dove ritorna altre due volte per proseguire a testimoniare le condizioni della popolazione haitiana. Con il suo progetto “Haiti Aftermath” ha ricevuto vari premi quali il World Press Photo 2011, primo premio “General news”; Luis Vultena Award, secondo premio; Sophot Award; premio foto dell’anno, menzione d’onore; premio Sony World Photography, finalista; premio Care International, finalista.
Nella nostra sezione LINK potete ulteriormente approfondire la conoscenza di questo evento.
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